Memory paper 2018

L’artigiano è generalmente definito come l’esemplificazione pratica e tuttora vivente di una modalità di lavoro molto antica che il ceto borghese ha storicamente dipinto con colori carichi di emozione nostalgica, dando vita a un modello di passato condiviso che corre il rischio di limitarne la definizione a una visione paradossale e stereotipata. Nell’immaginario comune egli viene perciò spesso identificato come custode vivente di un sapere antico e baluardo di una tradizione, la quale celebra un passato ideologicamente condiviso e importante.

Tuttavia, è bene tener conto della flessibilità semantica del termine, al giorno d’oggi esso infatti comprende una vastità non indifferente di pratiche e mestieri che talvolta poco hanno a che fare con l’ideale romantico di espressione dell’identità di una determinata area geografica attraverso la realizzazione manuale di vere e proprie rappresentazioni culturali. Per questo motivo, da una delle mie conversazioni con Augusto è emerso il termine “artefice”, sinonimo di una spinta verso l’innovazione e la creazione, oltre che specchio di una realtà per nulla statica e totalmente al passo con i tempi.

Non è mia intenzione, perciò, alimentare l’ideale romantico e nostalgico di un artigianato in via di estinzione, che lotta per la sopravvivenza in una società dove il nuovo si sostituisce al vecchio, il digitale al manuale e dove il concetto di valore ha subito una drastica ridefinizione perdendo progressivamente la presa sui cardini intorno ai quali storicamente è stato costruito. Non si tratta nemmeno di demonizzare o dispensare giudizi riguardo un progresso inevitabile e inarrestabile che ha condotto a una graduale informatizzazione di varie immagini del quotidiano.

 

La legatoria Andreotti non è una sopravvivenza di una professione antica e dimenticata, da osservare come fosse un qualcosa di più unico che raro, bensì un esempio concreto di artigianato rinnovato in diversi suoi aspetti che opera in questo settore dal 1904 attraverso quattro generazioni. A distinguere questa attività è la mentalità intorno alla quale ruota, che la rende attuale, permettendole di mostrarsi viva e attiva nella Gallarate del 2018.

 

Il valore attribuibile a un determinato oggetto o a una pratica che esso subisce è
direttamente o indirettamente riconducibile alla definizione culturale formulata nel
corso della sua storia.
La pratica del restauro possiede l’obiettivo di ridefinire il concetto di valore di un
bene, arricchendolo e donandogli un nuovo significato per colui che ne è proprietario e
per colui che si occupa dell’operazione di restauro.

 

 

[…]
Ma poi che farci?
Continuai la mia strada in mezzo alle trasformazioni del mondo, anche io trasformandomi.
(Italo Calvino, Le cosmicomiche)